01.01.2011Alessandro Di Maio

Le sorprese della Chinatown di New York

Chinatown è un quartiere che mi ha impressionato nonostante avessi già visitato qualcosa di simile in altre metropoli internazionali. Quello di New York è un quartiere sovraffollato, con mercati ittici e ortofrutticoli ad ogni angolo, con le strade di cemento bagnate e piene di scatole vuote. Chinatown l’ho vista così. A marzo ancora addobbata per i festeggiamenti passati del capodanno cinese e con i venditori di pesce che, dopo avermi visto di sottocchio, gridavano “No pictures, no pictures”. Impegnati a contrattare con il cliente, si rivolgevano a me solo indirettamente, senza guardarmi. Il cliente sceglieva il pesce vivo da una vasca in vetro. Il venditore lo catturava per inserirlo in una busta di plastica trasparente e scagliarlo su di un muro delle retrovie del negozio, dove un macellaio lo tagliava, pulica e confezionava.

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01.01.2011Alessandro Di Maio

Le delusioni di un giovanotto che va in America

Camminare per le strade della capitale del mondo è bello, farlo a ritmo di musica è ancora meglio. La vista dei grattacieli di cemento e vetro, le corse dei taxi gialli, i megaschermi informativi sull’andamento della borsa e sulle ultimissime news mondiali si gustano meglio al ritmo di musica. Ciò vale anche per una Manhattan coperta di bianco e pulita da un freddo gelido e asciutto, per la Manhattan scoperta a Marzo nel mio primo viaggio negli Stati Uniti d’America, “il paese dalle strade d’oro”. Camminando per le sue strade, incrociando ricchi e morti di fame, mi risultava difficile credere di essere nella capitale dell’impero mondiale più grande e potente che storia abbia mai forgiato.

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01.01.2011Alessandro Di Maio

Second chance

You don’t call any more. Why do you get so far to talk? If I sometimes let you down, you know I am there for you now. Leave me in pair you now but I was tired for the double life, so tired. And if you with him right now. What do I do to turn it around? You said I Never what they see, they see always say to hang me out, hang me out and if I play the second chance. Can you still feel, can you still feel and then we’ll stop this double game. If I only have a second chance, a second chance.

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01.01.2011Alessandro Di Maio

The motherland

Scrivere e parlare dopo un lutto è difficile, si sente la necessità di ricominciare da zero, di soffermarsi sui quesiti fondamentali e interrogarsi sulla parzialità e transitorietà della vita, sul futuro delle cose e delle persone, su quanto sia giusto morire in un modo e rinascere in un altro. So che ci sono filosofie, religioni e modi di vivere basati sulla reincarnazione. Milioni di persone in tutto il mondo scandiscono la loro vita terrena con la convinzione che, una volta terminata, se ne ripresenterà un’altra. Mi domando quante volte sia necessario morire e rinascere per rispondere a quelle elementari fondamentali domande che l’essere umano si pone da sempre. Mi chiedo da quanti soli bisogna riscaldarsi prima di sapersi orientare tra le certezze del finito e le incertezze dell’infinito, da quanti cieli coprirsi per vivere la vita senza il timore della morte.

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01.01.2011Alessandro Di Maio

Ordine, disordine, entropia

Una volta studiai l’ordine e il disordine delle cose. L’entropia, la massa, la velocità, tutti fattori fisici interessanti che combinati fra loro da formule matematiche, dimostrano quanto qualsiasi azione o evento causi l’aumento di disordine, calore, velocità, entropia. Secondo alcuni l’Universo è ancora in espansione, secondo altri è finito. Il movimento degli astri, le nostre azioni, quelle di eventuali e lontane forme di vita, disordinano l’ordine iniziale. Tutto porta al disordine. Il disordine è sinonimo di vita, di movimento. Da quando siamo nati ci siamo tutti spesi per l’incremento dell’entropia mondiale e quindi universale. Arriverà un momento di picco? Se sì, per quanto ancora potremo aumentare l’entropia? Stiamo forse lavorando tutti per avvicinare il giorno ultimo di questo pianeta?

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01.01.2011Alessandro Di Maio

Cantata de Santa Maria de Iquique

Utilizzo pochi minuti di tempo per descrivervi sommariamente una storia che meriterebbe ore, giorni, settimane e mesi di studio. Il mio è solo l’input di una storia che ritengo importante. E’ la storia di un paese latinoamericano all’inizio del secolo scorso, la storia di migliaia di persone decise a vivere dignitosamente, di una scuola piena di operai e di una moltitudine di soldati pronti a sparare. E’ una storia triste che ha molto da insegnare. E’ una storia che non viene neppure tramandata da padre in figlio. E’ la storia persone che per pochi soldi al mese lavorano in un’azienda chimica della regione cilena di Iquique. Sono persone comuni, operai e operaie al servizio di un pugno di imprenditori di origine europea interessati a produrre e vendere nitrati.

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