Tex e pacco bomba a Roma
Era la mattina del 9 Gennaio 2008 ed ero appena arrivato a Roma su un volo proveniente da Budapest. Mi trovavo a Roma per un periodo di lavoro all’Ufficio Stampa dell’Ambasciata degli Stati Uniti che avrei iniziato dopo cinque giorni di adattamento e riposo con cui speravo di rimettermi dai dolori al tendine d’Achille del piede destro.
Quella notte non avevo dormito affatto, ma la cosa peggiore è che avrei dovuto aspettare in stazione per tutta la mattina, fino a quando la padrona di casa della stanza dove avrei risieduto per i due mesi dell’intership, fosse tornata a casa da lavoro.
Per un po’ dormii accovacciato su una poltrona nera posta della sala d’aspetto della stazione. Mi ero circondato di valigie e borse per meglio tenerle sottocontrollo. Avevo male al collo e per distrarmi decisi di leggere qualcosa.
Non avevo libri con me. Quelli li avrei comprati sul posto piano, piano. Decisi di leggere un fumetto, il primo fumetto della mia vita. Andai in edicola e dopo un’attenta occhiata scelsi “Springfield Calibro 58”. Era il 441mo episodio di “Tex”, aveva la più bella copertina e il più basso prezzo.
Osservai con attenzione la copertina del fumetto. Era lucida, ben fatta, colorata, molto attraete. Come un congiurato, un indiano utilizza un coltello per colpire a morte un uomo bianco a cavallo, Tex per l’appunto.
In meno di un ora finì di leggere il fumetto. Allora ne comprai un altro, sempre di Tex. Era l’episodio numero 257 intitolato “La pista nel cielo”. Alla copertina mancava la lucentezza della precedente ed il prezzo era ancora espresso in lire. Vi era raffigurata una piccola stazione ferroviaria colma di bandiere a stelle e strisce, e un Tex in jeans blu e camicia gialla che sferra un cazzotto ad un uomo vestito da banchiere.
Lo finì in poco più di mezz’ora. Si era quasi fatta l’ora di andare a Santa Maria del Soccorso per incontrare la proprietaria dell’appartamento. L’occasione di lasciare la stazione me la diede un italiano appena tornato da Israele. Parlava continuamente al telefono. A voce alta, informando amici e parenti del suo ritorno da Tel Aviv.
Poi aprì il giornale, lo sfogliò e richiuse. Sollevò lo sguardo puntandolo verso un borsone che qualcuno aveva lasciato a pochi metri da me. Mi chiese se quel borsone mi apparteneva. Scossi la testa. Fece la stessa domanda a tutti i presenti, ma quel borsone non apparteneva a nessuno. “Iniziamo bene! Chiamiamo le forze armate!”, esclamò.
Chiamò la polizia ferroviaria, poi arrivarono anche i soldati. Tutti erano propensi ad aprire il borsone. Io, certo che non fosse una bomba ma altrettanto sicuro che non valesse la pena rischiare, decisi di allontanarmi e incamminarmi per Santa Maria del Soccorso. Così iniziava il mio soggiorno romano.
Tratto da “Diario di un soggiorno romano”
Gennaio-Febbraio 2008
Questo post è stato pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 10 Aprile 2008