02.01.2011 Alessandro Di Maio

Per Viale Manzoni, Roma

Sophie è una ragazza tedesca bionda, magra e ossuta. E’ con lei che ho attraversato la più bella Roma che abbia mai visto e vissuto in vita mia. Era una Roma insolita, estiva, notturna, deserta. I monumenti erano silenziosi, le strade vuote, l’aria fresca, i barboni rannicchiati sotto le porte degli uffici pubblici, la Luna illuminava quel che poteva.

Avevamo passato la serata all’Isola Tiberina, trasformata in festa dal caldo dei primi di Luglio. Bancarelle, ristoranti, pub, cinema e librerie all’aperto affollavano davano ospitalità alle migliaia di persone spinte lì dalla calura serale.

Prima di incontrare Sophie passai la serata nei pressi di Castel Sant'angelo. Un gruppo di poeti di strada raccontava poesie che un pugno di musicisti accompagnavano con la musica. Mi trovavo lì per nostalgia, avevo voglia di sedermi nella panchina dove anni prima mi ero seduto in compagnia di una ragazza a cui tenevo molto.

Quando vidi la panchina mi estraniai per qualche minuto, sorrisi e continuai il cammino fino all’Isola Tiberina. Secondo un’antica legenda l’isola si formò nel 500 a.C. con l’accumulazione di sabbia e detriti sul corpo senza vita di Tarquinio il Superbo, settimo e ultimo re di Roma, che il popolo romano aveva gettato nel grande fiume.

Spesso quell’isola veniva quasi completamente sommersa dal fiume in piena d’inverno, ma quella sera era del tutto scoperta. Fu proprio lì che incontrai Raffaella Scaglietta, una giornalista italiana che aveva vissuto tanti anni in Asia, fotografando luoghi, persone, eventi, e corrispondendo da quelle terre per svariati giornali. Lì Raffaella esponeva una bellissima mostra fotografica che mi fece innamorare della fotografia.

Quando lo stomacò chiamò mi sedetti a “La cantina paradiso”, il ristorante-pub all’aperto dove Sophie lavorava. Mi offrirono una piadina e quattro risate. Accanto a me c’era il comico Lillo de la famosa coppia Lillo e Greg. Sedeva in compagnia di due signore, probabilmente la moglie e un’amica.

Da lì si vedeva il ponte Cestio che collega l’isola Tiberina alla sponda occidentale del Tevere. Luci colorate ad intermittenza lo illuminavano da sotto mentre l’acqua nera passava silenziosa. Stavo per finire la piadina quando un uomo in grembiule bianco mi disse di essere stato l’autore della piadina. “Buona, vero?”, mi domandò.

Era il cuoco del ristorante, un palestinese di circa 30 anni, di carnagione scura e dal viso spigoloso. Amir non parlava italiano o almeno non lo parlava ancora bene, ma aveva un ottima conoscenza della lingua inglese.

Quando gli dissi di essere siciliano lui sorrise e disse che ero arabo quanto lui. “Forse - dissi. O forse no”, aggiunsi sorridendo.

Mi parlò della sua terra, citò Hamas e Al Fatah. Poi mi raccontò dei suoi precedenti come guardia del corpo di Yasser Arafat. Disse che ebbe dei grossi guai che lo costrinsero ad ottenere asilo politico in Qatar, Indonesia e in Italia, ma ogni vola che cercavo di sapere di più lui si rifiutava.

Quando la conversazione finì e i clienti smisero di arrivare, Sophie ed io lasciammo l’isola per andare a casa in Viale Manzoni. Roma era deserta, silenziosa, calda, felice.

Testo tratto da “Diario di pochi giorni a Roma”
Luglio 2007 - Post pubblicato per la prima volta su Alexander Platz Blog il 31 Luglio 2007