27.02.2015 Alessandro Di Maio

Le Donne del Muro di Gerusalemme

Scritto per East Rivista di Geopolitica - Si chiamano “Donne del Muro” e da ventisei anni, all’alba di ogni primo del mese, tentano di pregare di fronte al Muro del Pianto, il luogo più sacro per l’ebraismo moderno. Generalmente sono derise, fischiate e insultate da gruppi di ultra-ortodossi, alle volte anche strattonate e arrestate dalla polizia. La loro colpa? Reclamare il diritto di vestire indumenti religiosi tradizionalmente riservati agli uomini, intonare canti religiosi e pregare al Muro del Pianto con la Torah.

Inizialmente poco considerate, le Donne del Muro sono recentemente diventate uno dei più interessanti fenomeni sociali in atto in Israele. Se pregare come permesso agli uomini, vestendo il tallith (scialle di preghiera), la kippah (papalina) e i teffilin (lacci di cuoio legati stretti al braccio e una scatolina contenente versetti sacri), intonando canti religiosi e leggendo ad alta voce la Torah, è per loro un diritto d’uguaglianza di genere, per certi rabbini ultra-ortodossi, quella delle Donne del Muro è una pericolosa minaccia alla tradizione ebraica.

Tra le due parti c’è lo Stato di Israele, con le sue leggi, ambiguità e l’enorme difficoltà a gestire lo scontro sociale, mai vivo e intenso come in questi anni, tra ebrei ultra-ortodossi da una parte, e laici e non ortodossi dall’altra.

Per capire il problema è necessario tornare al 1948, quando, alla nascita dello Stato di Israele, l’allora primo ministro David Ben Gurion lasciò alle autorità ecclesiastiche ampio potere di giurisdizione in materia di religione e famiglia. Era lo Status Quo, ancora oggi in vigore. Agli ebrei ultra-ortodossi o haredim, in quel momento il gruppo religioso ebraico più in luce (viste le perdite subite a causa della Shoah), fu affidata l’amministrazione degli affari religiosi ebraici all’interno dello Stato. Così nel 1967, quando, al termine della Guerra dei Sei Giorni, Israele conquistò la Città Vecchia di Gerusalemme, per il governo non fu difficile nominare un rappresentante della tradizione ultra-ortodossa a rabbino capo del Muro del Pianto. La nomina a vita del tunisino Yehuda Meir Gets fu l’inizio di ciò che le Donne del Muro definiscono il monopolio ultra-ortodosso sul Kotel, la piazza d’innanzi al Muro del Pianto. Le tradizioni ultra-ortodosse divennero così consuetudini valide giuridicamente in quei pochi metri quadrati d’innanzi agli enormi blocchi di pietra cementati uno all’altro da millenni di storia e fede.

Oggi Israele vive una diversa realtà religiosa: se gli haredim crescono rapidamente di numero, è anche vero che rimangono una piccola percentuale (il 10%) rispetto a una popolazione totale arricchita dal laicismo e da numerose tradizioni religiose ebraiche non ultra-ortodosse - tra cui l’ebraismo riformato, il sionismo religioso, quello ortodosso, l’ebraismo tradizionale, quello di Naturei Karta e quello rappresentato dalle peculiarità di ciascuna delle comunità di ebrei giunti in Israele dai quattro angoli del mondo.

“Le Donne del Muro ne sono un esempio, rappresentano tutte le forme di ebraismo, dal più conservatore al più moderno”. A dirlo è Lesly Sachs, direttrice dell’organizzazione Donne del Muro e una di quelle che ha provato sulla propria pelle l’applicazione delle regole ultra-ortodosse al Kotel. Nell’aprile 2013, infatti, Sachs è stata arrestata e condotta di fronte a un giudice per aver vestito uno scialle di preghiera di fronte al Muro del Pianto.

“Gli Haredim vogliono farci pregare in silenzio - afferma Sachs – ma noi ci rifiutiamo perché la loro posizione è giustificata solo dalle loro tradizioni, che non sono rappresentative di tutti gli ebrei e che non sono giustificate nemmeno dalla Halakhah, la legge ebraica, che non ci vieta di cantare, leggere la Torah e usare tallith, kippot [plurale ebraico di papalina] e teffilin”. Secondo Sachs, il nuovo rabbino del Muro del Pianto, Shmuel Rabinovitch, dovrebbe gestire il luogo più sacro per gli ebrei accettando le tradizioni di tutte le anime dell’ebraismo, senza imporre l’approccio ultra-ortodosso a chi non lo è.

Grazie alle sentenze della Corte Suprema e alle recenti interpretazioni giuridiche favorevoli alle richieste delle Donne del Muro, si è giunti alla paradossale situazione in cui una donna che legge la Torah nella sezione femminile del Muro del Pianto non commette reato, ma lo compie al momento di trasferire il rotolo della Torah dall’area generale del Kotel, dove vi è vacanza di diritto poiché le sentenze della corte non vi si riferiscono e vige l’autorità del rabbino capo, a quella specifica per le donne, dove invece vale quanto sentenziato dalla corte e interpretato dai giudici.

Anche se il loro attivismo si limita all’area del Kotel, il fenomeno rappresentato dalle Donne del Muro s’inserisce nel più generale sentimento nutrito dalla popolazione laica e non-haredi di rivedere lo status quo tra Stato e religione, e spezzare così il monopolio dell’ultraortodossia sulla religione ebraica nel paese.

Ciò è evidente dalle proteste dell’estate 2011, quando sull’onda della Primavera Araba, centinaia di migliaia d’israeliani scesero in piazza a reclamare giustizia sociale e riforme in grado di ridurre i privilegi degli haredim, facendoli entrare nel mercato del lavoro, forzandoli a prendere parte alla leva obbligatoria, limitando i sostegni statali alle famiglie ultra-ortodosse, aprendo alla conversione all’ebraismo tramite tradizioni non ultra-ortodosse e introducendo l’istituto del matrimonio civile, permettendo così a migliaia di persone di sposarsi in Israele senza l’approvazione del Rabbinato, che in questo modo sarebbe privato del diritto di giudicare il sentimento religioso di chi si considera ebreo, ma non è ultra-ortodosso.

Nel corso di quest’ultimo governo il partito centrista Yesh Atid, che più di tutti gli altri aveva assorbito le istanze laiche del 2011, è riuscito a fare poco; ed è probabile che se alle elezioni 2015 verrà fuori un governo di coalizione con i partiti religiosi, la sfida al monopolio ultra-ortodosso dovrà attendere ancora.

Alessandro Di Maio @alexdimaio
Scritto da Gerusalemme per East Rivista di Geopolitica il 24 Dicembre 2014
Foto: Alessandro Di Maio