22.11.2012 Alessandro Di Maio

Israele, quattro italiane estranee al conflitto e la paura dei missili

Articolo pubblicato su l’Huffington Post Italia il 20 Novembre 2012.

Per la prima volta nella storia del conflitto israelo-palestinese, i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza hanno colpito il cuore e la testa dello Stato ebraico, le città di Gerusalemme e Tel Aviv. Qui vivono numerosi italiani, cervelli in fuga, turisti, studenti, tutti estranei al conflitto israelo-palestinese, ma costretti a cambiare le proprie abitudini dalla costante paura dei missili.

Laura Chiesa ha 35 anni, viene da Brescia e da qualche anno fa l’insegnante d’italiano all’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv. Ha un fidanzato israeliano e da giovedì scorso ha vissuto attimi di terrore. “Non dimenticherò mai la prima sirena. Mi trovavo in un palazzo con dei miei studenti ed è stato come se la realtà si fosse squarciata completamente, ero vulnerabile”.

Laura cerca di vivere normalmente la propria vita e, benché adesso sia più tranquilla, ha cambiato piccoli gesti della propria quotidianità. “Ordino un caffè al bar e domando dove sia il bunker più vicino, esco da casa e metto le scarpe da tennis nel caso ci fosse la necessità di correre, e ogni rumore che assomiglia a una sirena mi mette in allarme, sia esso il rombo di una moto o il ronzio di un’aspirapolvere che si accende”.

È preoccupata per l’espansione del conflitto, per il crescente fondamentalismo religioso in Egitto e per un eventuale Iran nucleare. Anche se il mondo considera Israele un’invincibile macchina da guerra, Laura pensa che Israele sia così poco difendibile, a tal punto che dei razzi riescono a tenerla sotto scacco.

Rossella Cacace ha 29 anni, viene da Napoli e vive nella periferia di Tel Aviv da tre anni, da quando ha lasciato l’Italia per seguire il suo fidanzato israeliano e lavorare per una compagnia di marketing.

Il primo missile l’ha colta in auto mentre tornava a casa dal lavoro. “All'improvviso suona l'allarme e mi sono sentita completamente persa, non sapevo dove andare e cosa fare. Il mio ragazzo mi ha letteralmente trascinata nel primo palazzo che avesse il portone aperto e siamo entrati nel sottoscala. Siamo rimasti lì, abbracciati per i due minuti più lunghi della mia vita fino a quando abbiamo sentito l’esplosione. Quel rumore tonfo mi ha fatto capire che la guerra era arrivata a Tel Aviv, il luogo dove credevo di essere al sicuro”.

Ogni volta che va a lavorare Rossella percepisce la tensione della città. “È ovunque, è davvero difficile vivere normalmente. Quello che sta succedendo tra Israele e Gaza è un conflitto assurdo, in cui a pagarne le conseguenze sono ancora una volta i civili innocenti in Israele come a Gaza”.

Carla Nicolai ha 34 anni e viene da Roma. Dallo scorso Luglio vive a Tel Aviv con il marito e sta studiando l’ebraico per iniziare a lavorare. Gli ultimi missili contro la città l’hanno colta in terrazza mentre si esercitava in ebraico coniugando i verbi. “Quando ho sentito i boom mi veniva da piangere perché non avevano nulla a che fare con i giochi d’artificio. Quei boom erano l’indicazione che c’era qualcuno che voleva distruggere qualcosa o qualcuno”, racconta.

Per tre notti Carla non ha chiuso occhio. “Non riuscivo a dormire perché temevo di non sentire la sirena mentre dormivo”. Adesso, prima di andare a letto, si sintonizza con una radio che rimane silenziosa per tutta la notte e che trasmette la sirena a tutto volume qualora un altro razzo fosse lanciato contro Tel Aviv.

Valeria Campeggiani ha 26 anni, viene da Roma e sta scrivendo la tesi in pedagogia per diventare insegnante. Da due anni è una pendolare tra Europa e Rehovot, una cittadina al centro di Israele.

Benché si trovi tra città più volte colpite dai missili, al momento Rehovot è stata risparmiata. “Fortunatamente non ho mai sentito la sirena di allarme e non ho mai avuto la necessità di correre a trovare il rifugio più vicino”, ma uno dei simboli di questa guerra, il sistema antimissile Iron Dome, è stato collocato proprio nella sua cittadina, nei pressi di casa sua.

“Ogni giorno sento il boato dei razzi che partono per intercettare i missili provenienti da Gaza. So di non essere in pericolo di vita, ma sono perennemente in stato d’allerta”.

Valeria ammette di sentirsi impotente di fronte a quanto sta accadendo tra israeliani e palestinesi. “La situazione più vicina a noi italiani potrebbe essere quella di un post-terremoto, solo che quello è un evento naturale e non c’è la volontà di fare del male ai civili”.

Articolo di Alessandro Di Maio su l’Huffington Post Italia il 20 Novembre 2012.
Foto di 
Daniel Bar-On/AFP/Getty Images