03.03.2015 Alessandro Di Maio

BLOG: I poster di Netanyahu in Rechov Mordechai Aliash

Al piano terra del palazzo dove abito, al centro di Gerusalemme Ovest, c'è una delle sedi cittadine del Likud, lo storico partito della destra israeliana, oggi in tutto e per tutto il partito di Benjamin Netanyahu. La sede di Mordechai Aliash è la più vicina alla dimora ufficiale del primo ministro a Rechavia, circa cinquecento metri in linea d’aria, ed è probabilmente quella principale in tutta la città di Gerusalemme.

Da quando vivo in questo edificio, un palazzo di tre piani costruito chissà come negli anni sessanta con i soliti blocchi di pietra bianca che dal Mandato Britannico caratterizzano la Città Santa, la sede del Likud sotto casa mia è sempre stata o chiusa o frequentata da anziani con la sigaretta in una mano e un falafel comprato dal negozio accanto nell'altra.

Prima della defenestrazione di Yair Lapid e Tzipi Lvni dal terzo governo Netanyahu e dall’inizio di quest’ultima campagna elettorale, ogni volta che tornavo a casa, intravvedevo il solito poster di Netanyahu, o Bibi, come lo chiamano qui, appeso alla porta chiusa della sede del Likud.

Sembrava scrutare me e Asdrubalina (il mio cane) e controllare il via-vai di persone – israeliani, palestinesi, internazionali - che da Rechov Mordechai Aliash raggiungevano le scale o il patio dell’edificio. Ogni tanto quelli della sede cambiavano il poster, ma il soggetto rimaneva lo stesso: sempre lui, Netanyahu, con lo stesso sguardo e gli stessi occhi, uno più grande dell’altro.

Oggi, grazie alla campagna elettorale, Asdrubalina ed io non siamo più sotto lo stretto controllo del patron Netanyahu. Tenendo la sede aperta sino a notte fonda, il viso del primo ministro stampato sul poster è spesso nascosto dall'ombra della porta proiettata sulla parete.

Se Netanyahu sembra sparito dall’ingresso, le elezioni hanno moltiplicato il suo volto nell’intero lato principale esterno dell’edificio, dove attivisti della destra israeliana e amanti dell’uomo forte in grado di “spezzare le reni all’Iran” hanno appeso decine di poster di Netanyahu, rendendolo quasi onnipresente. Poiché questo è il lato del palazzo che vedo affacciandomi dalla finestra del mio ufficio, ne viene fuori un vero e proprio senso di accerchiamento.

È una situazione cui, probabilmente, dovrò abituarmi. Da quando in Israele è salita la febbre elettorale per l'avvicinarsi dell'appuntamento alle urne del prossimo 17 Marzo, infatti, la piccola e povera sede del Likud sotto casa mia è diventata un vero e proprio comitato elettorale, dove i giovani attivisti Likud si riuniscono per dividersi le strade dove fare i loro giri propagandistici e seguire i notiziari e i discorsi del proprio leader - come quello tenuto ieri presso il Congresso degli Stati Uniti d’America a Washington DC.

A Gerusalemme gli attivisti e gli elettori del Likud non mancano, anche se è difficile differenziali da quelli che appoggiano partiti politici ancora più a destra del partito di Bibi. A dire il vero non mancano nemmeno gli elettori degli altri partiti, in particolare dei partiti religiosi, concentrati sì e no a circa quattrocento metri da casa mia, verso est e sud, in direzione del quartiere di Mea Shearim e dei quartieri residenziali posti nei pressi dell’ingresso ovest della città. A Gerusalemme Est, invece, tra i tanti palestinesi che non voteranno perché non cittadini israeliani, non mancano gli elettori dei partiti arabi, per la prima volta riuniti in un unico cartello elettorale. Per quanto riguarda il centro, esso è ovunque, ma invisibile come in Italia.

In tutto questo, dov'è la sinistra. Ecco, la sinistra a Gerusalemme ho difficoltà a trovarla. A parte gli israeliani della sinistra radicale che votano Meretz e che si vedono spesso a Kikar Zion a manifestare contro il razzismo e l'occupazione israeliana della Cisgiordania, ho serie difficoltà ad intravedere manifesti, poster, slogan, sedi, attivisti del centro-sinistra che quest’anno è rappresentato dal cartello dell’Unione Sionista di Herzog e Livni.

L'unica sorpresa è stata quella di un gruppo di ragazzi dell'Ale Yarok, il partito che chiede la legalizzazione della marijuana, appendere a un balcone il simbolo del proprio movimento. Ovviamente, imitando i loro compagni di Tel Aviv l'hanno appeso al contrario. Chissà, forse avevano fumato troppo.

Alessandro Di Maio
Gerusalemme, 3 Marzo 2015
Foto: I poster di Mordechai Aliash