30.11.2011 Alessandro Di Maio

Accordo Hamas-Fatah: pace tra palestinesi

Abu Mazen e Khaled Mashaal non s’incontravano dallo scorso Maggio, quando, in un Egitto ancora profumato dal passato regime, firmarono un documento di comuni intenti per la possibile riconciliazione tra le due maggiori fazioni palestinesi e la formazione di un governo di unità nazionale.

Ieri, dopo poco più di sette mesi di stallo, il processo di riconciliazione palestinese si è rimesso in moto proprio al Cairo, dove i due - rispettivamente il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) e il capo politico di Hamas - hanno salutato quello che hanno congiuntamente definito «l’inizio di una nuova partnership».

«Non ci sono più differenza tra noi, abbiamo deciso di lavorare insieme», ha affermato Abu Mazen al termine dell’incontro durato due ore. Stessi toni anche per il capo di Hamas, secondo cui la riconciliazione costituirebbe «una pagina nuova nella storia della nazione palestinese».

Non si conoscono ancora i dettagli dell’accordo, ma da quanto dichiarato da Azzam al-Ahmad, ex negoziatore di Fatah, esso prevedrebbe la «formazione di un governo di unità nazionale per traghettare la Cisgiordania e la Striscia di Gaza alle elezioni politiche stabilite per il prossimo Maggio».

Secondo Al-Ahmad, l’accordo avrebbe sciolto anche i noti più duri delle relazioni Fatah-Hamas, tra cui la partecipazione di Salam Fayyad al nuovo esecutivo. Per Hamas l’attuale primo ministro del governo Abu Mazen è un’imposizione della Casa Bianca, ma per il presidente dell’Anp rimane indispensabile, sia perché artefice del boom economico che in questi anni ha caratterizzato la Cisgiordania, sia perché garante degli investimenti e degli aiuti stranieri.

Gli interrogativi rimangono. Due giorni prima dell’incontro tra i due leader, Salah Bardaweel - esponente di spicco dell’intellighenzia di Hamas a Gaza - ha escluso un governo unitario con Fayyad al vertice, e ha affermato che «Hamas non cambierà posizione nei confronti di Israele, perché Israele è il nemico».

Se la riconciliazione emoziona i palestinesi, in Israele l’aria è densa di timore. Il ministro degli esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha fatto sapere che «Israele non negozierà con un governo palestinese che si rifiuta di riconoscere l’esistenza dello Stato ebraico. Se Abu Mazen diventa un partner di Hamas» - ha continuato - «significa che non è più un partner di pace». Parole simili anche dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, secondo cui, per far ripartire i negoziati di pace, sarebbe necessario fermare il processo di riconciliazione con Hamas.

L’accordo avviene al termine di una lunga contrapposizione tra le due fazioni, che hanno cercato di imporre la propria leadership con mezzi vari. Da un lato Abu Mazen che, imboccando la strada diplomatica unilaterale, ha tentato il riconoscimento Onu dello Stato palestinese rafforzando la propria popolarità; dall’altro Hamas, fautrice di una politica di guerra basata sul lancio di missili contro Israele, e capace di negoziare il rilascio di mille prigionieri palestinesi.

Dopo che il Consiglio di Sicurezza ha rigettato il riconoscimento dello Stato palestinese, la riconciliazione serve ad Abu Mazen per superare lo scoglio della sovranità mancante su Gaza, ma il timore di Israele è che l’interesse di Hamas sia solo di rimettere piede in Cisgiordania.

Articolo di Alessandro Di Maio pubblicato dal quotidiano ‘Libero’ il 25 Novembre 2011.