16.01.2011 Alessandro Di Maio

Terremoto in Cile e allarme tsunami in tutto il Pacifico

Tutti gli Stati che affacciano sul Pacifico si stanno preparando all’arrivo di uno tsunami innescato dal terremoto di 8.8 gradi sulla scala Richter che la notte scorsa ha colpito la costa centro-meridionale del Cile. Secondo il Centro Australiano Allarme Tsunami (JATWC), alle 8 di mattina orario di Sydney, cioè verso la mezzanotte italiana, l’onda colpirà la costa orientale dell’Australia.

Alle 3:34 ora cilena (le 7:34 italiane) una scossa di terremoto di magnitudo 8.8, con epicentro sulla costa centro-meridionale del paese, a 117 km a nord-est dalla città di Concepción, a 99 km a sud-ovest da Talca, e ad una profondità di 55 km, ha causato morti e danni. Il terremoto è avvenuto nella zona di convergenza tra la placca di Nazca e quella sud-americana, e la faglia lungo cui si è verificata la rottura è stimabile in 300-400 km di lunghezza ed una larghezza di un centinaio di km.

Al momento le vittime accertate 200 ma se ne prospettano molte di più. Il World Agency of planetary monitoring and earthquake risk reduction (Wapmerr), ovvero l’Agenzia di monitoraggio planetario dei terremoti, ha affermato che il terremoto cileno potrebbe essere causa di circa 6000 morti.

Il sisma è durato più di un minuto ed ha distrutto numerosi palazzi e infrastrutture, terrorizzando la popolazione e costringendola ad uscire di casa. Molti ancora i dispersi e le persone intrappolate dalla caduta di tetti e ponti. Alcuni palazzi sono andati a fuoco a causa della fuoriuscita di gas dalle condutture.

Il sisma si è percepito in tutta la parte sud-occidentale dell’America Latina, soprattutto sulla Cordigliera, al confine con l’Argentina. Nella capitale cilena, Santiago de Chile, vi è stato un blackout elettrico, l’interruzione temporanea delle telecomunicazioni e la chiusura dell’aeroporto internazionale mentre si teme una nube tossica per i danni subiti dalla struttura che ospita un impianto chimico di Colina, comune a nord di Santiago.

A Concepción, la città più vicina all’epicentro del sisma, interi quartieri sono stati rasi al suolo, obbligando il presidente uscente Michelle Bachelet, a dichiarare lo stato di catastrofe ed emergenza.
Come pubblicato sul sito internet della United States Geological Survey (USGS), “un terremoto di magnitudo 8 è classificato come un grande terremoto e può causare tremendi danni, come dimostrato dal terremoto che lo scorso 12 Gennaio ha devastato la capitala haitiana, Port-au-Prince, e che aveva una magnitudo valutata a 7 gradi”.

Il terremoto di ieri notte - seguito da 23 scosse di assestamento, di cui due rispettivamente di 6,2 e 5,6 gradi di magnitudo e definito “30mila volte più potete rispetto a quello abruzzese dello scorso anno” dal presidente dell’Istituto Nazionale di vulcanologia, Enzo Boschi - ha generato uno tsunami che nella città di Valparaiso, molto più a nord dal luogo dell’epicentro del sisma, ha registrato onde alte quasi tre metri.

Lo tsunami ha colpito le isole cilene di Juan Fernandez e di San Ambrosio facendo una decina di morti e adesso sta attraversando l’Oceano Pacifico in direzione ovest, puntando sull’Isola di Pasqua, dove è in atto l’evacuazione delle 3800 persone che vi abitano, sulle Galapagos, su Micronesia, Polinesia, Hawaii, Nuova Zelanda e Australia.

Gli Stati Uniti hanno dato l’allarme tsunami in tutti gli Stati che si affacciano sul Pacifico, anche nel più distante e meno popolato, l’Alaska, ma l’attenzione maggiore è rivolta alle migliaia di isolette che compongono la Micronesia e la Polinesia e che spesso non raggiungono nemmeno un metro di altitudine dal livello del mare.

Nel suo ultimo bollettino, il Pacific Tsunami Warning Centre ha affermato che “lo tsunami potrebbe causare ingenti danni alle coste delle isole hawaiane” e che “è necessario prendere provvedimenti immediati per proteggere vite e proprietà in qualsiasi paese perché tutte le coste bagnate dal Pacifico sono a rischio”.

Alle Hawaii la prima onda dovrebbe arrivare alle 11:19 ora locale, le 22:00 italiane, ma come avverte lo Tsunami Warning Center, il centro statunitense per l’allerta degli tsunami, “gli tsunami possono essere pericolosi anche molte ore dopo l’arrivo della prima onda, la quale non è necessariamente la più forte e pericolosa”.

Il Joint Australian Tsunami Warning Centre (JATWC) - centro australiano di attenzione agli tsunami - ha lanciato l’allarme a tutta la costa orientale del paese, comprese l’arcipelago di Norfolk e l’isola di Lord Howe, situate rispettivamente a 1000 e 600 km ad est dalla costa australiana.

Sul proprio sito internet ammette che “l’avvertimento è una larga misura di precauzione” e che “maggiore preoccupazione suscita la zona compresa tra la costa nord del New South Wales (NWS) - ovvero il Nuovo Galles del Sud – e quella sud del Queensland fino a Brisbane”, esattamente nella Gold Coast, zona con alberghi a pochi metri dal mare e paradiso per vacanzieri e surfisti.

L’allarme dato per queste zone è di tipo ‘marino’, ciò significa che le onde non dovrebbero essere così forti da invadere l’entroterra, ma che potrebbero solo causare ingenti danni a persone e cose solo nei pressi della costa.

Davide Di Maio, giovane italo-australiano al momento in vacanza a Surf Paradise, proprio nella parte centrale della costa australiana a rischio, ha dichiarato telefonicamente che “la situazione è normale e tutto sembra essere sottocontrollo, anche se i turisti non sono stati avvertiti né dal personale degli alberghi né dalle autorità”. L’arrivo dello tsunami nella ‘zona rossa’ è previsto a partire dalle ore 8:15 (ora di Sydney) di domenica mattina 28 febbraio.

Articolo pubblicato su LaSpecula Magazine il 27 Febbraio 2010.